Eleusis - Gruppo Permanente di Formazione Umana e Teatrica
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Andrea Ricci e Marialessia Iannella

18/5/2020

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Micole Atienza

19/4/2020

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IL MIO PICCOLO PENSIERO
​“ho provato una totale sensazione di vuoto, una volta, la ricorderò per sempre, la consapevolezza di non avere niente sotto di me, pensare di essere in un mondo a parte , dove la gravità non esiste e  mi sento leggera, non ci sono problemi , niente è pesante , tutto e leggero e mi sento rilassata…
Poi torna la paura e la preoccupazione perché prima o poi dovrò tornare a terra “
ho in mente questa immagine da un bel po’ di tempo, capita spesso che alcuni esercizi mi portino alla mente immagini da poter disegnare, spero di poterne inviare altre, in seguito^^
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Anonimo

10/4/2020

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Volevo dirvi grazie 

Penso che non ci sia nulla di più bello nell’essere riconoscente verso le persone che ci aiutano pur non sapendolo. Spesso ci dimentichiamo di dire “grazie”, diamo per scontato ogni singolo gesto, anzi arriviamo addirittura a pensare che ci sia legittimo. No, l’aiuto non è legittimo e sopratutto ce ne sono varie forme. C’è chi aiuta e aspetta una ricompensa, chi aiuta senza aspettarsi nulla in cambio ma mente e i migliori a mio parere: quelli che non sono consapevoli al 100% dell’aiuto che ti stanno dando, ma riescono a darti la forza davanti a troppe difficoltà. 
Queste persone siete voi, il mio gruppo di teatro che mi ha accettata senza mai giudicarmi, senza mai farmi sentire fuori luogo e lasciandomi sempre con un sorriso sulle labbra a fine lezione anche quando la voglia di sorridere non c’era. 
Salire sul palco con voi è l’emozione più grande che abbia mai provato e per questo ve ne sono grata. Grazie di avermi dato fiducia, di non avermi mandata via, grazie per aver creduto in me. 
Ora voglio rivolgermi ai miei insegnanti vi ringrazio per tutto il lavoro, lo sforzo e l’anima che mettete in ciò che fate, forse un po’ non me ne ero mai accorta del tutto, ma ora chiusi in casa riesco a riconoscere bene ciò che avete fatto e ciò che fate tutt’ora per noi. 
Siete delle rocce e una sorta di idoli a cui ispirarsi. Più volte le vostre parole mi sono tornate in mente quando stavo male, quando piangevo, quando urlavo perché la mia testa faceva troppo baccano. 
Per tutto questo vi dico  grazie, grazie Eleusis per esserci anche durante la pandemia del secolo, grazie Eleusis perché in tutto questo buio siete uno spiraglio di luce, non per il domani, ma per il “qui e ora”.
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"Le parole sono fiori" di Mariagrazia Favatà con la partecipazione di Paola Vassallo

9/4/2020

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Cynthia Lattarini

9/4/2020

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7 APRILE 2020
Rieccomi qui, un nuovo foglio del mio diario da condividere con voi
Una delle cose positive che ci lascerà questa brutta avventura (e credetemi sono più di quelle che pensate ) sarà la rivalutazione del ....CONDOMINIO
Eh sì , proprio il condominio, quella piccola comunità di cui molti di noi , volenti o nolenti , fanno parte. Vi ricordate quelle assemblee , dove ci si presentava armati, pronti alla pugna , dove ci si scambiavano insulti irripetibili, dove professionisti rispettabili non disdegnavano il turpiloquio al pari di ultras da stadio, dove si rinfacciavano colpe vere o presunte di collaterali e affini, dove si portavano tonnellate di fogli di cartelle, documenti, ingiunzioni, perizie , preventivi, verbali, insomma , in una parola .....le RIUNIONI DI CONDOMINIO. Quelle come me vi si trascinavano svogliatamente ( anche perché alle nove di sera si preferisce essere altrove) come per un dovere inevitabile( il marito che le dribbla scientemente) e soprattutto per evitare che poi "quelli chissà che porcate approvano senza di me" . Per mesi ci si incrociava in ascensore , occhi bassi , salutando a mezza bocca. Bene , tutto questo non è che un pallido ricordo.
Adesso il mio condominio è tutto un fiorire di saluti al mattino, di squillanti "buongiorno, come va?", di canti alla sera dai balconi, di scambiarsi ricette e consigli. Tutte le sere ci diamo appuntamento alle sei e il nostro DJ Luca del primo piano mette i dischi con le casse sul balcone e ognuno sceglie una canzone. E' cominciato così quasi per gioco, ed ora è diventata un'abitudine tanto che ormai tutte le sere un anziano signore col cane si ferma ad ascoltare il casino che facciamo . Abbiamo costruito teleferiche da un balcone all'altro , con cestini per scambiarsi piccoli doni per i bambini e panetti di lievito per le pizze di Pasqua. Al piano terra Mattia ha modificato una bicicletta in cyclette per pedalare in giardino , mentre ascolta i dischi di Luca . Stefano dal casale di fronte ha proposto un barbecue per il giorno di Pasquetta , da allestire per tutta la masnada . I vari ingredienti verranno calati dai balconi con opportuni panierini. Io farò la pastiera e il casatiello, e c'è chi farà la lasagna e i carciofi fritti. Agnese dell'interno uno , farà le verdure. Insomma faremo la gita di Pasquetta rimanendo in casa , ma in compagnia. Penso sarà bello stare insieme e tutto sembrerà più facile. Buona Pasqua !
P.S: Devo ricordarmi di mandare alla piccola Mina l'uovo di Pasqua nel canestrello della teleferica; l'uovo che avrei regalato a Sofia , se fosse stata qui
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Marialessia Iannella

5/4/2020

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Mariagrazia Favatà

5/4/2020

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Marialessia Iannella

3/4/2020

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Mariagrazia Favatà

31/3/2020

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<< Hai detto bene, “mica è colpa nostra!” È proprio questo il punto. Come può essere colpa nostra se abbiamo la sensazione di non essere stati noi a scegliere ciò che ci accade? >>

La consapevolezza della responsabilità delle nostre azioni, delle nostre intuizioni, delle nostre scelte, è un qualcosa di davvero prezioso, non l’ho capito molto tempo fa, o meglio, tra il capirlo e il farlo mio è passato un periodo di tempo, durante il quale il teatrico mi ha guidata quasi in ogni momento. La strada da percorrere è ancora lunga, forse interminabile, l’importante è migliorarsi sempre, anche se per farlo servirà tornare un po’ indietro.
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Marialessia Iannella

31/3/2020

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Mariagrazia Favatà

29/3/2020

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CULLAMI
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Mariagrazia Favatà

25/3/2020

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Mariagrazia Favatà

24/3/2020

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La condivisione di oggi.
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Marina Giacobbe

23/3/2020

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Il tempo sembra essere uno dei grandi argomenti di questo evento. La gente è piena di domande.
Quanto tempo dovremo stare chiusi? Quanto tempo dura l’incubazione? Per quanto tempo si rimane contagiosi? Quanto tempo ci vorrà perché ne siamo veramente fuori? Cosa me ne faccio di tutto questo tempo? Quanto tempo ci vorrà per riprenderci una vita normale?
Continuiamo a dirlo in molti: è un tempo sospeso, questo. 
Forse prezioso.
Ho trovato parole di una donna - Mariangela Gualtieri – che mi sembra lo abbia detto bene
 
“Questo ti voglio dire
ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.
Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme.
Rallentare la corsa. 
Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano
che ci potesse bloccare.
E poiché questo
era desiderio tacito comune
come un inconscio volere –
forse la specie nostra ha ubbidito
slacciato le catene che tengono blindato
il nostro seme. Aperto
le fessure più segrete
e fatto entrare.                                      
Forse per questo ora c’è stato un salto 
di specie – dal pipistrello a noi.
Qualcosa in noi ha voluto spalancare.
Forse, non so.
Adesso siamo a casa.
E’ portentoso quello che succede.
C’è dell’oro, credo, in questo tempo 
strano.
Forse ci sono doni.
Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.
(prosegue qui)“
 
C’è dell’oro in questo tempo strano.
Sarebbe bello riuscire a farne tesoro.

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Laura Aversa

22/3/2020

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Marina Giacobbe

22/3/2020

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Il tempo ritrovato: vedere crescere i tulipani

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Mariagrazia Favatà

22/3/2020

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SOLITUDE

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Francesco Tosi

20/3/2020

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E tu? Come stai?
 
 Ciao Mik, non credevo di scriverti sai? Non offenderti, so come sei, so che tu per una frase del genere ci rimani male due giorni e tre notti, ma io non sono qui per cambiarti. Come stai? Sì, vorrei saperlo davvero. L’ultima volta che ci siamo visti eri chiuso in un ascensore. Mi ricordo… eri lì seduto a terra, quella giornata credevi fosse andata tutta storta, ma non ti rendevi assolutamente conto che tutte le tue giornate andavano così. Perché? Me lo sono chiesto tante volte, non posso… non riesco ad accusarti per l’andamento delle tue giornate cupe, però ogni volta che ti guardavo non riuscivo a fare a meno di vedere uno splendido gioco di luci ed ombre. Quella volta, nell’ascensore, eri così esasperato, eri sul punto di scoppiare. Ricordo in maniera vivida le tue mani, le tue bianchissime mani, che si contorcevano su quei jeans scuri, faceva così male. Sentivo il tuo fiato, ogni singolo respiro era uno sfogo di una camera d’aria che sta per aprirsi, ero così impotente. Tu parlavi, ma io non riuscivo ad ascoltarti, sentivo che quello che mi dicevi faceva parte di qualcosa di tuo e io non lo riuscivo a cogliere, non faceva parte di me… non faceva più parte di me. Ogni tanto alzavi la testa e il tuo viso era finalmente rigato da delle lacrime. Tu provi qualcosa porca miseria! Scusami mi sono perso nei viaggi della mente, è una cosa che facevamo spesso. Mi viene da sorridere, era così strano il tempo con te, ogni istante annullava l’attimo precedente. Come stai? Lo so che te l’ho già chiesto, ma dopo aver letto di questi ricordi, ora, come stai? Non molti te la facevano questa domanda, mi ricordo che ci soffrivi per questo, ma tu avresti saputo rispondere? Pensavi a tutto e a tutti, ma a te no, sei stato più egoista di quello che pensavi, c’erano persone che ci tenevano veramente a te e tu… tu ti sei maltrattato! So che volevi che qualcuno si prendesse cura di te, lo so, fidati, era bruttissimo vederti a volte. Nei tuoi occhi, nascosti dai tuoi grandi occhiali, qualcuno riusciva a riconoscerti, ogni tanto si poteva intravedere il tuo cuore, che si faceva piccolo piccolo, sotto i problemi di tutti, sei sempre stata una persona dal cuore d’oro, aiutavi gli altri senza dire nulla a nessuno, eppure ti sentivi un buono a nulla… poi improvvisamente arrivò lui. Oh se mi ricordo di lui, ti ha fatto toccare il punto più basso, vivevi e respiravi per questo ragazzo, che, scusa se rido, non ha fatto molto per te, ma era il tuo dio, i tuoi stati umorali dipendevano da lui. Facevi già fatica a stare al passo di ciò che realmente eri, è vero lui ti ha dato una mano, ma poi ti sei fatto bloccare in un punto che o ti avrebbe ucciso o… o non lo so, non sono nessuno per dirti nulla e forse penserai che io sia uno stronzo nello scriverti tutto ciò e forse lo sono, ma tutto questo mi fa stare molto meglio. Dopotutto in questo periodo non c’è molto da fare, ti penso spesso. Credo che se fossi stato ancora innamorato di quel ragazzo non avresti visto la luce. Lasciavi che la tua mente volasse con lui e credevi di trovarti in Paradiso, ma quando lui non c’era ti ritrovavi catapultato sulla terra, inutile dire che qualsiasi posto al di sotto del “Paradiso” non somigli mortalmente all’inferno. Avrei ancora così tante cose che vorrei dirti, ma da quando ci conosciamo ho appreso il dono della sintesi. Ho capito che le belle cose possono essere anche racchiuse nel palmo di una mano, in questo momento anche solo una mano dentro un’altra mano splenderebbe più del sole per i nostri occhi ciechi… a proposito di cose belle, so che tu ami molto i manga. Beh ce n’è uno molto bello uscito ultimamente si chiama “My Hero Academia”, molto probabilmente non lo conosci ancora, ma tu mi fai venire in mente uno dei personaggi di quella storia, non ti serve sapere chi fosse fatti bastare il fatto che il suo nome da eroe era Suneater, ti ci rivedo sì… perché tu rubi la luce del sole, ecco come mi sento ora. Mi sento come se fossi il sole del mio universo, come se fossi il coprotagonista (lo sai che io i protagonisti non li sopporto) di un bellissimo romanzo, spero di trovare il mio uomo, ma lungi da me credere che venga a prendere su cavallo alato. Mi sento bene, mi sento vicino a chi ora la salute fisica non ce l’ha, mi sento vicino a chi ha il viso rigato dalle lacrime e anche a chi ha il cuore rigato dalle lame, ma non voglio più essere solo buio è ora di far giocare la mente e diventare un luminoso sfondo per delle sorprendenti ombre cinesi. È vero quello che ci dicevano la pietra scartata dai costruttori è divenuta pietra d’angolo.
Grazie di tutto.
Con amore il tuo Mik.   
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Silvia Gangeri

20/3/2020

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Cronache del mondo
 
Terzo piano, secondo balcone: alle 17 spaccate una signora anziana si affaccia dal balcone. Fuma. Pare scrutare il palazzo di fronte alla ricerca di un’anima viva, di un qualcosa che si stia muovendo. Ha i capelli bianchi e ispidi e ogni tanto muove la bocca come per dare fisicità ai suoi pensieri. Non sembra abbia l’abitudine di parlare molto. Rimane fuori a cercare per 10 minuti. Poi torna dentro e abbassa le tapparelle.
 
Secondo piano, primo balcone: questo balcone ha un aspetto bizzarro. Oltre alla ringhiera ha una sorta di rete per polli che lo circonda. Appena il sole si affaccia timido dal palazzo di fronte due bambini escono a giocare a palla. Sembrano due giocattoli caricati a molla. Appena la porta finestra si apre schizzano fuori, urlano e giocano. Corrono come pazzi in quelli che sono forse 5 metri quadrati di balcone. La rete serve per non far cadere la palla. I loro schiamazzi riempiono lo spazio tra i due condomini che da silenzioso come una bara diventa caotico, energico. La risata rompe la lastra di vetro che ricopre ogni cosa e impedisce il movimento. Va in frantumi e si sbriciola. Per loro adesso c’è solo la palla. Stanno un’ora a impazzire sul balcone, sembra impossibile che le loro pile si possano scaricare. La madre esce e gli ordina di rientrare; e annaffia anche le piante.
 
Primo piano, terzo balcone: due donne alle 18 escono con delle padelle. Non sono solo entusiaste: hanno l’eccitazione che precede una festa, quella sensazione unica e indescrivibile che arriva verso le 20, nel periodo tra i preparativi e la festa in sè. Stanno con le padelle in mano con l’atteggiamento di un corridore alla linea di partenza; tese, concentrate, in testa un unico obiettivo. E la musica parte. E improvvisamente è come se il mondo ridiventasse a colori di nuovo. Sui loro volti non c’è solo gioia; brilla una speranza. Si attaccano a quella musica come un assetato si attacca alla fonte. Cominciano a battere le padelle al ritmo di Azzurro con la foga di chi lotta contro un leone a mani nude. Si può vedere il sudore dello sforzo fisico dato da quel rito orgiastico scandito dal battere incessante delle padelle. Le due donne sembrano vive. I loro polmoni si gonfiano e si sgonfiano ogni 4 quarti, le corde vocali sono affaticate, urlano, si sgolano, battono, cantano, una di loro piange, scopano con gli altri che cantano, sudano e poi muoiono in un applauso.
 
Terzo piano, primo balcone: nulla si muove. Nessuno si affaccia, nessuno esce. Solo una cosa lascia intuire che quella in quella casa qualcosa turba la tranquillità. Qualcuno si esercita al violino. Non suona bene ma ha la curiosa abitudine di aumentare l’intensità della musica man mano che suona. E lascia sempre la finestra aperta.
 
Secondo piano, ultimo balcone: sedia sdraio, giornale. Quasi fosse una vacanza, un uomo prende il sole.
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Mariagrazia Favatà

20/3/2020

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Sto cercando di impegnare questi momenti liberi al massimo, prendendomi del tempo per riposare ma anche per dedicarmi a cose che di solito non faccio, intuizione che ho avuto in una videochiamata col mio gruppo di teatro. Sistemando la mia camera ho trovato questi disegni fatti mesi fa, che mi hanno ricordato la sensazione che provavo disegnando, e mi hanno fatto ritornare la voglia di farlo. L’obiettivo è riprendere la matita in mano, intanto questa è la mia condivisione di oggi.
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Francesca Bussi

19/3/2020

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In viaggio ci siamo trovati.
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Giulia Leonetti - Gruppo Ex alunni

18/3/2020

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MONOLOGO ALLO SPECCHIO
Guarda che ti ho vista, sai? È inutile nasconderti. Ti ho beccata, quindi girati verso di me. Fatti guardare negli occhi. Girati, non avere paura. Chi può giudicarti qui? Siamo solo io e te, quindi nessuno può vederci. La vedi la porta? È chiusa a chiave, quindi nessuno ci potrà interrompere. Continua a guardarmi negli occhi. Ho bisogno di vedere, non possono esserci segreti tra noi, sai? Dobbiamo sapere tutto l’una dell’altra, quindi continua a guardarmi. Ora ti chiederò una cosa e ho bisogno che tu risponda sinceramente, te ne prego. “Come stai?”... Cosa? Vuoi che risponda prima io? Io? Io mi sento imprigionata, le mura di casa diventano sempre più vicine ogni giorno che passa. Non c’è abbastanza luce, non c’è abbastanza aria. Non mi basta più vedere le persone attraverso uno schermo, Mi manca il contatto, mi mancano gli abbracci, mi manca poter stare con i miei amici. Mi manca anche andare all’Università, mi manca anche andare al lavoro e, per diamine, mi manca andare a teatro, mi manca poter uscire. Certo, non era sempre facile alzarsi presto la mattina per prendere il treno o per vedere un bambino che mi sta anche antipatico, ma almeno erano una via di fuga, una distrazione, per le solite giornate mondane. Ma andare a teatro, mi manca più di tutti. Lì non devo avere paura di essere me stessa, e mi manca non poter più partecipare alle attività il sabato, e mi manca salire sul palcoscenico e dare tutta me stessa... Quindi come sto? Non bene, ma neanche male. Non è un male fisico che sento, ma un male interiore, un vuoto. Questo mancato contatto, questa mancata vicinanza, mi logorano dentro. Ora ti farò un’altra domanda, va bene? “Cosa stai facendo?” Io non lo so cosa succede dall’altra parte. Io ti vedo solo quando mi siedo qui, davanti allo specchio, ma mica lo so tu come passi il tuo tempo libero. Devi averne tanto, dico bene? Beh, anche io ho tanto tempo libero in questo periodo, quindi non è molto diverso da te. Però, anche se ho tanto tempo, ci sono giorni in cui non mi va di fare nulla... Certo, abbiamo le lezioni online, ma oltre quello? Il vuoto sembra propagarsi anche fuori da me, Sai, oggi ho studiato, e anche ieri. Non so perché, ma mi è tornata la voglia di studiare, e mi ha fatto molto piacere. Per il resto, cerco di occupare le mie giornate al minuto, perché non voglio sprecare nulla, ma non mi riesce sempre [RISATA]. Comunque, cerco di fare un po’ di tutto, studio, aiuto i miei a pulire casa,sistemo i libri, leggo, scrivo, disegno. Sto disegnando tanto ultimamente, e mi sto appassionando alla poesia. Scrivo tanto, ma non credo di essere così brava da poter esprimere tutto quello che provo in poche righe di poesia, piene di significati intrinsechi e difficili da cogliere. Per questo ho scritto un monologo e non una poesia. Ah! Quasi dimenticavo, sto anche sentendo molta musica classica e il suono del violino mi appassiona sempre più. Dovrei tirarlo fuori di nuovo uno di questi giorni e rimettermi a suonare... [QUALCUNO LA CHIAMA DA FUORI CAMPO] Mia madre mi sta chiamando per andare a cena. Stasera ho parlato di me, ma domani risponderai tu a queste domande, affare fatto? [SI ALZA ED ESCE]
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Erica Bertelletti

18/3/2020

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Io vi mando questo pezzo, che ha sempre significato tanto per me e in questo momento storico è diventato universale. L’hip hop non è solo un tipo di musica, ma è poesia moderna. Non è solo un buon auspicio, è più un modo di vedere la vita con i suoi alti e bassi. 
“Una fenice risorge dalla cenere, torna al fuoco per quanto tu la possa uccidere”
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Mariagrazia Favatà

18/3/2020

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Questi sono giorni di distanza, e non parlo di non potersi dare baci e abbracci, parlo soprattutto di non potersi guardare negli occhi, non potersi comunicare come siamo abituati a fare di solito, e come piace fare a me. Cercavo un modo diverso per esprimermi e per sfogarmi, e ho voluto mettermi in gioco sperimentando questa forma d’arte. Mi ha aiutato molto a tirarmi su di morale e sono molto felice di condividerla con voi.
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Francesca Marini - CSA Ostia Lido

17/3/2020

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